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Luoghi prossimi e pratiche di resistenza estetica è il sottotitolo di questo libro pubblicato ormai nel 2013, ma che è sempre bene avere in giro sulla scrivania. Raccoglie una serie di esperienze europee che raccontano storie di cambiamenti (di paesaggi, di idee, di luoghi comuni...) portate avanti da attori multipli e con forme differenti. Si tratta di ben 45 progetti con un'unica missione: quella di costruire habitat quoditiani più belli. Belli, sì. A dimostrazione che il design è già andato ben oltre la retorica basta incrociare progetti come The Generator / EMMA di Raumlabor o altri interventi puntuali ma significativi come quelli di Wagon Landscapingper non parlare del Jardin DeMain del collettivo COLOCO (che per altro arricchisce il libro con delle illustrazioni fantastiche). Qualche giorno fa abbiamo detto la nostra (cfr. Mal di render(ing)) sul valore delle immagini che noi progettisti realizziamo e su come le qualità estetiche di queste siano di fatto il nostro primo strumento di dialogo con il mondo. Ecco esattamente cosa intendevamo e perchè, spiegato in questo bellissimo libro: "Coltivare l'immaginario [...] costituisce un atto culturale fondamentale e una pratica vitale di resistenza poetica. "Il pensiero pensa e l'immaginazione vede" scriveva Bruno Munari. Nella dimensione contemporanea, coltivare l'immaginario degli abitanti della città [...] può aprire vertiginosi percorsi di riscoperta dei luoghi dimenticati [...]. La coltivazione dell'immaginario aiuta a produrre opportuni cambi di percezione del reale e a tenere allenato lo sguardo estetico. Coincide in molti casi con la colonizzazione imprevista di una scena urbana per trasformarla in uno spazio critico, traducendosi così in un atto politico. Altre volte, invece, è proposta come invito a correggere prospettive date, suggerendo letture e usi alternativi di vuoti sonnolenti e paesaggi incerti.